Come trattare al meglio il moncone?

Il trattamento riabilitativo pre-protesico si compone di una preparazione globale del paziente, definita “Ricondizionamento”, finalizzata a far riprendere alla persona amputata la funzionalità avuta prima dell’amputazione e di una specifica procedura dedicata al moncone di amputazione, raggiungendo la conformazione migliore possibile.

L’ottimizzazione della condizione del moncone, unita ad un potenziamento globale del tronco, degli arti superiori e dell’arto residuo ed al miglioramento della funzionalità respiratoria, permetterà una rapida e migliore protesizzazione.

Compatibilmente con la condizione del paziente, la fase pre-protesica dovrà avvenire il più possibile velocemente evitando così che sorgano ulteriori complicazioni.
Nel trattamento pre-protesico la corretta preparazione del moncone di amputazione è molto importante, in quanto il moncone è il punto di integrazione tra l’individuo e la protesi. Un moncone non edematoso, tonico, senza dolore, sarà più tollerante all’invaso della protesi.
Per poter dar seguito alla protesizzazione è necessario rimuovere le complicanze, quando presenti, dovute ad un non corretto confezionamento del moncone stesso, ad un ritardo della cicatrizzazione della ferita chirurgica o a vizi di postura del moncone (flessione).

Quali sono le complicazioni più frequenti?

In questo paragrafo approfondiremo insieme le complicazioni più frequenti alle quali si può incorrere:

COMPLICANZE DELLA CUTE

Complicanze a carico della cute che si manifestano con difetti di cicatrizzazione della ferita chirurgica, aderenze dei tessuti molli ai piani sottostanti, invaginazioni, cheloidi, fistole, dermatiti, follicoliti, eccesso o scarsità di tessuti molli. L’eccessiva aderenza della cicatrice ai piani più profondi e l’eventuale invaginazione della cute rendono difficile il trattamento e dolorosa la deambulazione con la protesi.

Per rendere la cute del moncone il più elastica possibile, le cicatrici vanno trattate con un massaggio di scollamento e con ultrasuoni, così da eliminare o ridurre eventuali aderenze e favorire lo scivolamento tra i piani tessutali. Questo è necessario perché durante la deambulazione l’aderenza totale tra invaso e moncone provoca sollecitazioni e uno scorrimento della cute sui piani sottostanti. Le manovre di massaggio utilizzate sono: il pinzamento, lo scollamento, l’impastamento, lo stiramento, il picchettamento/percussione/vibrazione.

  • Il pinzamento consiste nel prendere il tessuto cicatriziale con i polpastrelli (pollice in opposizione alle altre dita) e sollevarlo in successione per tutta la lunghezza della cicatrice. Questa tecnica consente di ridurre le aderenze più superficiali.
  • Lo scollamento consiste nell’afferrare la cicatrice tra i polpastrelli ed il pollice per imprimere un movimento di arrotolamento trasversale. Questa tecnica completerà il pinzamento e sarà indicata per rompere le aderenze epidermiche.
  • L’impastamento consiste nel mobilizzare le aderenze più profonde, aumentando la vascolarizzazione locale. Un movimento di spinta contrastata delle dita del fisioterapista mobilizzerà tutti i piani (epidermide, aponeurosi, muscoli).
  • Lo stiramento si effettua con i polpastrelli del pollice mediante i quali vengono effettuati dei movimenti alternati di stiramento-retrazione sulla cicatrice, prima nel senso della lunghezza e poi nel senso della larghezza (stretching della plica di tessuto connettivo).
  • Picchettamento/percussione/vibrazione. Per evitare la fibrosi è necessario picchiettare con le dita il tessuto cicatriziale al fine di ripristinare delle informazioni sensitive che combattono i fenomeni di iperestesia spesso riscontrati a livello della cicatrice.

EDEMA

Edema causato dall’inibizione dei tessuti molli conseguente alla modificazione della normale distribuzione dei vasi sanguigni e del sistema linfatico prodotta dall’amputazione. Ne consegue uno squilibrio nelle relazioni tra la pressione all’interno dei vasi e quella dei tessuti che circondano il moncone. Per favorire il drenaggio dei liquidi interstiziali si dovrà posizionare il paziente declive, ponendo ai piedi del letto degli opportuni rialzi. Sfruttando l’effetto pompa della respirazione diaframmatica naso-bocca, si determina una depressione all’interno della cavità addominale capace di richiamare, tramite grossi vasi, una maggiore quantità di liquidi. Allo stesso scopo si sfrutta l’effetto pompa muscolare con la contrazione ritmica dei muscoli residui del moncone. Contemporaneamente è necessario praticare, nei casi più resistenti, anche tecniche di linfodrenaggio manuale che tendono a convogliare liquidi nei grossi dotti linfatici residui.

Per rendere il riassorbimento dell’edema più veloce, il paziente dovrà indossare una fasciatura elastica contenitiva che avrà anche la funzione di modellare il moncone, ovvero fargli raggiungere una forma che permetta il confezionamento e l’applicazione della protesi. L’applicazione del bendaggio dovrà essere graduale: all’inizio per un’ora, fino ad arrivare a tutta la giornata e, successivamente, ogni qualvolta non indossi la protesi.

La fasciatura può essere effettuata in due modi: con il classico bendaggio elastico tipo biflex, generalmente si usano bende bielastiche di 12 cm. Il bendaggio dovrà creare una compressione disto-prossimale, quindi decrescente dall’apice del moncone verso la radice dell’arto. La tensione che si dovrà applicare alla benda sarà adeguata al paziente e agli scopi che s’intendono raggiungere. L’unico svantaggio è che con i movimenti del moncone, soprattutto quello di coscia, il bendaggio tenderà a sfilarsi, costringendo così il paziente a doverlo rifare. Per chi ha meno manualità e non riesce a effettuare il bendaggio tipo biflex è possibile utilizzare un cappuccio coprimoncone in tessuto elastico tubolare che ha il vantaggio di essere di veloce e facile applicazione soprattutto per il paziente, e determina comunque una spinta complessiva decrescente disto-prossimale. Il cappuccio copri-moncone presenta l’ulteriore vantaggio di rimanere perfettamente in sede, evitando che con i movimenti del moncone si creino costrizioni o si perda l’efficacia della contenzione.

DIFETTI A CARICO DELLE PARTI OSSEE

Difetti a carico delle parti ossee sono rappresentate o da un moncone osseo troppo lungo o troppo corto con conseguenti bracci di leva svantaggiosi, scarso rivestimento dell’apice osseo con tessuti muscolari e cutanei, comparsa di esostosi apicali sul moncone osseo, osteoporosi.

ALTERAZIONI DELL’ESCURSIONE DELLE ARTICOLAZIONI

Alterazioni dell’escursione delle articolazioni prossimali all’amputazione sono dovute a retrazioni muscolari, calcificazioni, esiti di fratture e instabilità articolare dovuta a lassità dei legamenti. Il moncone mostra spesso una tendenza a fissarsi in flessione a causa del prevalere dei muscoli flessori sugli estensori. È fondamentale prevenire queste retrazioni, istruendo il paziente ad adottare posture ripetute più volte nella giornata e mostrandogli il più corretto posizionamento in carrozzina, la cui permanenza deve essere limitata al minimo indispensabile. Nel caso di un’amputazione transtibiale, si applicherà una tavoletta nella carrozzina (lato dell’amputazione), che permetterà al paziente di mantenere in estensione il ginocchio durante la giornata. Nel caso di una amputazione transfemorale si suggerirà al paziente di mettere un cuscino sotto il moncone stando in posizione prona sul letto. Nel caso in cui gli atteggiamenti viziati del paziente si fossero già instaurati, si allungherà la muscolatura retratta tramite mobilizzazioni attive e passive dell’articolazione e manovre d’allungamento effettuate attraverso esercizi di stretching muscolare e posture adeguate.

Nel ripristino degli squilibri muscolari ci si avvarrà inoltre di tecniche specifiche di rilassamento, quali contrazione-rilasciamento proprio della metodica Kabat.

DOLORE

Dolore è un sintomo frequente ed invalidante che può essere provocato da diversi fattori: dolori ischemici, legati a turbe trofiche e circolatorie, alterazione del segmento osseopatologie cutaneecicatrici ed infine dolori neurogeni quali parestesie, neuromi e arto fantasma. Un’intensa sintomatologia dolorosa va precocemente trattata poiché, oltre ad inibire ogni tipo di informazione propriocettiva, può portare ad un rifiuto della protesi da parte del paziente. Può favorire inoltre l’instaurarsi di atteggiamenti antalgici con conseguenti alterazioni meccaniche, che a loro volta impediscono una corretta deambulazione. L’intervento fisioterapico si avvale di tecniche massoterapiche e dell’uso dell’elettroterapia.

In quest’ambito sono stati ottenuti discreti risultati con l’impiego di correnti antalgiche a bassa frequenza tipo TENS. Parallelamente alla terapia fisica la farmacoterapia è di grande aiuto nella risoluzione della sintomatologia dolorosa.

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